Quello di cui si vuole parlare in questo topic è un argomento complesso e dotato di innumerevoli sfaccettature, tali da comportare altrettante implicazioni nelle più varie materie.
Tuttavia, come è stato detto, gli uomini tendono ad affrontare le cose dal punto di vista razionale, e quindi ora vi beccate il mio punto di vista esposto in maniera ordinata e coerente, oppure mi evirate. (omg stavo scherzando! via con quelle forbici! ;_;)
Uno degli aspetti più caratteristici della società umana, riscontrabile sempre di più nel corso della sua evoluzione, è la tendenza delle persone a costituirsi in gruppi organizzati che basano il loro sostentamento sul soddisfacimento di bisogni comuni mettendo in comune le loro risorse. Possiamo fare questo discorso in vari ambiti: prendiamo ad esempio un'impresa di costruzioni, piuttosto che una pizzeria, e notiamo che il bisogno comune di sostentarsi svolgendo una certa attività viene svolto mediante la divisione del lavoro e la scomposizione dell'attività-risultato in molteplici attività-mezzo volte al conseguimento di quest'ultima.
Riprendo l'esempio dell'impresa di costruzioni, che rimane, a parer mio, il più elementare: per costruire un edificio disponendo di un progetto e sufficienti materie prime è necessario l'impiego e la coordinazione di una variabile quantità di manodopera. Vedremo dunque che l'organico di un'impresa tipo si comporrà di uno o più dirigenti, con il compito di coordinare gli altri lavoratori, dei responsabili di settore e di un nutrito numero di operai, che possono essere genericamente muratori e carpentieri o avere compiti più specializzati (esempio: addetti ai mezzi meccanici, ecc.).
Questo esempio forse raggiunge il suo apice se trasportato addirittura al meccanismo della "catena di montaggio", proprio delle fabbriche vere e proprie.
Tuttavia, non serve un osservatore eccezionalmente attento per notare che quanto più si accentua il meccanismo della divisione del lavoro tanto più le mansioni del singolo lavoratore diventano semplici e i lavoratori rimpiazzabili con più efficienti apparecchiature meccaniche. Di certo però permane la necessità di programmare e controllare le macchine (piuttosto che istruire e sorvegliare una massa di lavoratori).
Notiamo quindi questa tendenza nelle attività produttive volta all'ottimizzazione del tempo mediante la divisione del lavoro, con esiti tendenti alla tipicizzazione dei comportamenti (per dire quanto questa mentalità sia radicata nella natura umana se ne possono trovare evidenti tracce e conseguenze nella quasi totalità delle codificazioni normative) e alla specializzazione in compiti determinati con sempre maggiore precisione.
Ora, se questo fosse in tutto e per tutto vero arriveremmo, per gradi, a una società costituita da una sola persona, capace di soddisfare indipendentemente ogni proprio bisogno mediante strumenti tecnici capaci di sopperire all'attività (anche intellettiva, ipotizzando la possibilità di una intelligenza artificiale) di più persone che consideriamo necessaria a soddifare un determinato bisogno. Il passo successivo sarebbe rendersi conto che l'unico significato di quell'unica persona sarebbe dare un senso, un fine, a tutto l'apparato artificiale creato attorno ad essa. Ma è meglio che mi fermi qui, altrimenti dovrò farvi prendere la pillola rossa.
Dopo questo apparente OT, torno al nucleo del discorso: la famiglia è il nucleo fondamentale di qualsiasi forma di società che si prefissi di tutelare interessi non specifici (l'esempio più lampante è l'organizzazione statale) e la famiglia stessa è il presupposto per l'esistenza del genere umano.
Ma cosa intendiamo per famiglia? Io ora voglio andare dritto al nucleo della questione e userò il termine famiglia con l'accezione di "unità riproduttiva".
Non possiamo altresì trascurare l'evolversi del concetto di famiglia nel corso della storia, specialmente recente.
Per semplificare l'esposizione, tuttavia, partirò dal concetto di famiglia detto "tradizionale", proprio della cultura occidentale e che tutti noi abbiamo chiaro in mente.
La famiglia tradizionale, come unità riproduttiva, è costituita da due individui di sesso opposto uniti da un matrimonio indissolubile (tranne in caso di morte o in altri casi del tutto eccezionali).
All'interno di questo nucleo sociale il "lavoro" di riproduzione è compiuto dalla congiunzione dei gameti nell'atto sessuale/riproduttivo. Questa è una pratica comune ad ogni forma di vita animale.
Tuttavia ci riesce naturale di constatare che la riproduzione in sé e per sé permane una mera circostanza biologica, che dà soltanto le condizioni necessarie (ma non sufficenti) per lo sviluppo di una nuova vita. Dobbiamo quindi immediatamente ridefinire il concetto di famiglia (nel caso della famiglia tradizionale) come "unità di riproduzione E SOSTENTAMENTO".
per intenderci, all'interno di questo tipo di famiglia difficilmente un marito (in circostanze normali) lascerà morire di fame la moglie, avendo la possibilità di evitarlo.
Quindi all'interno di questo tipo di famiglia la prole non viene soltanto procreata, ma nutrita, formata, istruita. Questo tipo di famiglia compie un'attività notevolmente più ampia di quello di "unità riproduttiva". Vediamo come svolge questo suo compito complesso.
Restando l'obiettivo generale della comunità la sopravvivenza e la procreazione, le esigenze primarie della famiglia-tipo saranno queste: nutrimento, procreazione, difesa dai pericoli (aggressioni, malattie).
Una volta identificati questi compiti possiamo a loro volta scomporli in fattori: se prendiamo ad esempio l'esigenza del nutrimento vedremo che a sua volta questa è scomponibile (a grandi linee) in procurarsi il cibo e prepararlo. Procurarsi il cibo può essere cacciare animali selvatici, ma anche, in una società moderna, guadagnare denaro utilizzato in un secondo momento per acquistare il cibo da chi di procurare di che mangiare alla gente ha fatto il proprio modo per guadagnarsi di che mangiare (scusino lorsignori la tortuosità).
Stante la predetta tendenza alla divisione del lavoro, possiamo notare come questa sia presente anche nella famiglia-tipo. Tradizionalmente è il marito a impegnarsi nelle attività più rischiose, volte per lo più a procurarsi il cibo, anche perché più "sacrificabile" in confronto alla donna, specialmente se gravida.
Proprio la capacità dell'uomo di poter subire lesioni, o eventualmente morire, senza compromettere direttamente la nascita della prole ormai concepita è stato (a mio avviso) il motivo principale del suo ruolo "volto all'esterno" del nucleo familiare.
Di ciò si trova traccia (permettetelo, anche se stavo parlando della società occidentale), in quelle sure del corano che stabiliscono che l'uomo ha il compito di sorvegliare e proteggere la donna. Che poi questi precetti siano stati interpretati in misura più o meno eccessiva non è mio compito stabilirlo.
La donna quindi non è necessariamente più debole o meno forte dell'uomo, è semplicemente più PREZIOSA.
Ed è precisamente questo il significato della figura femminile nell'onipresente culto della fertilità. La donna è indispensabile per garantire la vita, mentre l'uomo è del tutto indispensabile per il solo concepimento.
Ora lasciatemi respirare un attimo, perché ho overpostato e vorrei aspettare un po' prima di considerare i casi "particolari" ovvero le più recenti evoluzioni del concetto di "famiglia".