Delirious
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« inserita:: 02 Marzo 2005, 23:12:07 » |
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Storia buttata lì, con un titolo che più insipiente proprio non potevo trovarlo. Che volete? Ci sono progetti che nascono per un niente: un lampo, un'illuminazione, un colpo di genio imprevedibile. Questo è uno di quelli. Non è ancora un racconto, è meno di una bozza. Vedrò di continuarla, nel frattempo vi lascio una prima particina dedicata a una caratterizzazione che, nei miei piani, dovrebbe condizionare il resto della storia. Se avete cinque minuti da perdere potete un'occhiata. -----------------------------------------------------------------
Rossella avanzava nel buio, scura e silenziosa come la notte, impercettibile e inafferrabile come gli attimi fugaci del crepuscolo, svelta e leggerissima come la brezza estiva dell’ultimo imbrunire: non senza remore aveva spento la luce nell’uscio del corridoio, vedendo i riflessi caldi di vernice sul mogano della porta scurirsi di metallo nella penombra dell’appartamento in zona Colle Vecchio. Si riconosceva a suo agio in quelle ore fresche di sera fonda, si muoveva in totale simbiosi con l’oscurità, in una disinvoltura che di taglio non poteva non tradire la nervosa regolarità della sua fuga. Durante il percorso scuro che iniziava dalla porta del suo appartamento, i suoi interrogativi erano sempre i medesimi. Inutili, pericolosi punti di domanda, perché lei era in missione. In missione, così s’immaginava, investita come doveva sentirsi di un compito vitale. Allora, se da un lato la sensazione dell’obbligo le appesantiva la consuetudine, dall’altro serviva a giustificargliela. Si sentiva più motivata, importante, non più una ragazza comune ma un angelo delle tenebre impegnato in una segretissima missione. Eppure quell’appuntamento era ormai un vezzo speciale nelle sue noiose settimane, un rendez-vous per adempire al quale si era ormai ben disposta negli ultimi due anni a sfidare anche le opinioni più maligne dei suoi condòmini. D’altronde di cosa doveva vergognarsi? A 24 anni compiuti doveva cominciare a costruirsi una vita sua, inevitabilmente.
Nel buio la porta s’apriva e si chiudeva di scatto e allora giù a capofitto lungo la scalinata vorticosa scivolava morbidamente coi tacchi lucidi su un marmo che pare velluto e poi a stridere sulla ghiaia del viale alberato, poco davvero più consistente del tappeto di erba oltre il margine del terrapieno. La strada per l’automobile era lunga, lei parcheggiava sempre dietro l’ultimo tronco di salice, acciocché il motore non si udisse dagli altri appartamenti. Sfilava, Rossella, nel suo abito nero di seta, di gonna e blousa attillata: vento nel vento, notte nella notte. Risaltava sul pallore candidissimo della sua pelle l’oscurità tutt’intorno. Che crudele scherzo del destino, quel nome, per lei che di rosso e di passionale riteneva d’avere poco o nulla! Soltanto sulle labbra, forse per ripicca, sfoggiava insistente un rossetto acceso, color goccia di rubino. Ma non era, il rossetto, una maschera né un vessillo sfrontato, e non nascondeva e anzi acuiva i contrasti e le contraddizioni di quel corpo limpido e armonioso. Cosicché la frattura di quel filo di labbra lucide di porpora appariva ancora più marcata fra il candore delle gote e il nero acuto della notte… già, non dimentichiamolo, lei era in simbiosi con la notte, in missione per la notte, con la notte un tutt’uno: Rossella era l’angelo delle tenebre.
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